Immigrazione nelle Isole Britanniche

L’Immigrazione nel Regno Unito: una storia di trasformazioni

L’immigrazione nel Regno Unito è un argomento sempre scottante. La storia delle isole britanniche è una storia di immigrazione. Dalle antiche popolazioni celtiche all’immigrazione contemporanea, diverse ondate di migranti hanno contribuito a plasmare la società e la cultura britanniche. Questo articolo esplorerà le influenze storiche e le trasformazioni che hanno caratterizzato l’immigrazione nelle isole britanniche.

Le prime popolazioni che abitarono le isole britanniche erano celtiche e presero residenza prima dell’arrivo dei romani. Tuttavia, i romani non solo si stabilirono, ma portarono truppe provenienti da altre parti dell’Impero, in particolare dal Nord Africa.

Dopo i Romani, arrivarono i Sassoni e altre popolazioni germaniche, seguite dai Vichinghi. Questi ultimi influenzarono principalmente la parte est del paese, tanto che ancora oggi molti luoghi hanno nomi di origine scandinava e le origini scandinave si riscontrano anche nel DNA delle popolazioni locali.

Successivamente, i Normanni, discendenti dei Vichinghi stabilitisi in Francia, non solo conquistarono l’Inghilterra, ma introdussero una dinastia monarchica, cambiamenti linguistici e legislativi. Nel Medioevo, si ebbe l’arrivo dei primi ebrei, invitati dai Normanni per sviluppare il commercio, e degli africani, soprattutto nel campo musicale per intrattenere le corti.

Con la scoperta delle Americhe, l’Impero britannico necessitava di lavoratori a basso costo per le piantagioni. Gli spagnoli e i portoghesi iniziarono a comprare schiavi da mercanti arabi e africani per portarli in America. Gli inglesi, a partire dal 1562, cominciarono anch’essi ad acquistare schiavi, utilizzandoli non solo nelle piantagioni del Nuovo Mondo, ma anche nelle ricche case dell’Inghilterra.

Questo nuovo boom economico, generato dall’espansione coloniale, non solo accumulò capitale che avrebbe sostenuto la rivoluzione industriale, ma anche spostò milioni di persone da una parte all’altra del globo.

Nel 1770, circa 70.000 africani risiedevano in Inghilterra. Tuttavia, un forte movimento abolizionista spinse il Parlamento a vietare la tratta degli schiavi nel 1833, estendendo il divieto a tutto l’Impero britannico. Nel frattempo, l’Irlanda affrontava la carestia delle patate, e migliaia di irlandesi si trasferirono in Inghilterra per sfuggire alla fame.

Durante il XX secolo, gli ebrei continuarono ad arrivare dalla Russia per scappare dai pogrom. Durante le due guerre mondiali, le truppe indiane furono impiegate in Europa, soprattutto nella Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto, il Regno Unito si trovò di fronte a una grave carenza di manodopera, portando all’invito di lavoratori polacchi e italiani, seguiti dall’arrivo dei primi immigrati caraibici nel 1946.

È importante ricordare che questi territori facevano parte dell’Impero britannico, quindi i cittadini possedevano un passaporto britannico che garantiva il diritto di rimanere nel paese. Nel corso degli anni, le leggi sull’immigrazione sono cambiate diverse volte, in risposta alle esigenze di manodopera. Tuttavia, a partire dagli anni ’70, con l’aumento della disoccupazione, le leggi sono diventate sempre più rigide.

A partire dagli anni ’50, un gran numero di indiani e pachistani si stabilì in Gran Bretagna, in particolare a Londra e Bradford. È interessante notare che una percentuale significativa della comunità asiatica in Inghilterra non proviene direttamente dall’India, ma dall’Uganda. Queste famiglie erano state inviate in Africa per lavorare nell’amministrazione coloniale e furono espulse da Idi Amin nel 1972. Molti di loro, pur non avendo mai vissuto in India, furono accolti nel Regno Unito.

Negli anni recenti, l’immigrazione più significativa, sebbene temporanea, proviene dalla Polonia, dall’Europa orientale, dalla Spagna, dall’Italia, dall’Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Sudafrica, seguiti da migranti africani e asiatici. La questione dei rifugiati politici rimane un argomento scottante, sebbene molti aspettino anni prima di ottenere lo status di rifugiato. Ora bloccare l’arrivo di potenziali rifugiati è diventata una priorità del governo. 

Gran parte dell’immigrazione prima della Brexit proveniva dall’Unione Europea. Sebbene i numeri era elevati, una buona percentuale di migranti tendeva a lavorare nel paese per alcuni anni prima di tornare alla propria nazione di origine. Tuttavia, la percezione dell’opinione pubblica, influenzata da alcuni giornali e politici, è che molti immigrati dall’UE vengano a beneficiare di sussidi o utilizzare il sistema sanitario. Nonostante i dati non confermino questa percezione, per molti rimane una preoccupazione sufficiente a suscitare preoccupazioni sull’impatto sull’economia. Intanto la Brexit ha indubbiamente impoverito il Regno Unito e, anche se gli europei vengono in numeri ridotti, l’immigrazione è aumentata, ma ora vengono soprattutto da Asia e Africa.

L’immigrazione nelle isole britanniche è una parte fondamentale della loro storia. Dalle prime popolazioni celtiche all’arrivo dei romani, dei normanni e delle ondate successive di migranti, ogni gruppo ha lasciato un’impronta culturale e sociale duratura. L’immigrazione ha fornito manodopera, influenze culturali e ha contribuito alla diversità e alla ricchezza della società britannica. Sebbene le leggi sull’immigrazione siano cambiate nel corso degli anni, riflettendo le esigenze economiche e sociali, è importante comprendere e apprezzare il ruolo che l’immigrazione ha svolto nella formazione del Regno Unito come lo conosciamo oggi.

 

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