giornata della lingua inglese

Venire con bambini e chiedere benefit in Gran Bretagna

Ci arrivano testimonianze da italiani che venuti in Gran Bretagna con bambini pensavano di poter chiedere benefit e sussidi da subito. Invece si sono sentiti dire di no e ora si trovano nei guai perché contavano di avere quei soldi.

Ci sono ancora coloro che consigliano di partire con bambini ‘perché’ lo stato aiuta?

Ma come stanno veramente le cose?

Secondo le leggi dell’Unione Europee non si potrebbe andare in un altro paese e chiedere subito i benefit o sussidi di quel paese. Ci sono eccezioni ma in genere queste solo le regole. Il Regno Unito aveva deciso di non essere molto severo, per pigrizia più che per bontà e molti hanno chiesto i benefit dal primo giorno dell’arrivo per anni.

Nel 2016 prima del referendum, David Cameron aveva fatto delle strane trattative con l’Unione Europea per calmare l’opinione pubblica che era arrabbiata dal numero (spesso esagerato dai giornali) di persone che arrivano qui per chiedere i sussidi. Il risultato della sua trattativa era che la UE aveva acconsentito che UK non avrebbe dato benefit a chi qui da meno di 3 mesi.  Strane trattative perché il Regno Unito aveva sempre avuto il potere di non dare i sussidi a tutti dal primo giorno ma non l’ha sempre fatto.

Da anni comunque esiste un sistema chiamato habitual residence test che dovrebbe essere applicato tutte le volte che uno chiede i sussidi, che sia britannico o no. Il test dovrebbe valutare se una persona è veramente residente qui e ha intenzioni di rimanere. Il problema con questo test è che a) non sempre viene fatto b) i criteri sono vaghi e la decisione finale dipende dall’interpretazione di un impiegato.

Quindi abbiamo sempre avuto persone che riuscivano a prendere i benefit dal primo giorno, mentre i benefit erano negati ad altri spesso in UK da anni con ragioni assurde come ‘avevano i genitori in Italia’ o ‘abitavano in condivisione quindi non una situazione permanente’.

Con la storia della Brexit abbiamo ora anche il settled status peggiora la situazione. Infatti sulla carta solo chi ha settled status può chiedere benefits, chi non lo ha o ha pre-settled status non può chiederli. Ma il settled status ancora non è legge e dovrebbe comunque entrare in vigore solo dal momento dell’uscita completa dalla Unione Europea.

Office worker working late in the office

Intanto alcuni uffici della DWP (il Ministero delle Pensioni e Lavoro che gestisce i benefit) hanno cominciato ad usare i 5 anni di residenza per dare i benefit con alcuni che vogliono prove di residenza di 5 anni, ma che non accettano il settled status come evidenza!

Ho i casi di due residenti (non italiani ma cittadini comunitari) di lunga data ( 18 e 25 anni rispettivamente) entrambi con settled status  e uno sposato con cittadino britannico a cui sono stati negati i benefits e non accettato il loro settled status.

In questi casi l’individuo può fare una mandatory reconsideration che significa dover aspettare dalle 2 settimane ai 2 o 3 mesi per una risposta e se sempre negativa può portare la questione in tribunale. I tempi anche qui sono lunghetti, molto dipende da dove si vive, ma in genere si aspetta dai 3/4 mesi ai 18 mesi. È un periodo molto lungo per chi ha bisogno di soldi ora.

Però abbiamo ancora italiani e altri cittadini comunitari che arrivano e si prendono i benefits da subito. In poche parole non esiste nessuna regola fissa che garantisce ad una persona che arriva ora dall’Italia che avrà i benefit che spera di avere. Molti pensano che se li hanno avuti loro senza problemi lo stesso succederà a tutti. Non funziona così ed è una cosa da tenere presente prima di incoraggiare tutti sui social media a venire a chiedere benefit.

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